Twitter

La fine di una cosa “salvavita”

Mi ero iscritta a Twitter 11 anni fa, esattamente il 20 marzo 2012, attirata dalle battute che leggevano, provenienti da questo social, nel programma “Quelli che il calcio”.

Per più di un anno è stato, per come lo usavo al tempo, qualcosa di molto simile alle riviste di gossip, qualcosa che guardavo, trovavo divertente ma nulla di che.

Poi, pian piano, capendo meglio le dinamiche, provando a seguire persone un po’ a caso e cancellando quelle che non mi divertivano, negli anni successivi ho creato quella che lì chiamiamo “bolla” nella quale mi trovavo bene. Nella quale tutt’ora mi trovo bene.

Mi sono affezionata a decine di followi, con alcuni c’è una maggiore vicinanza mentre con altri la conoscenza è più superficiale (e quasi non si può definire tale), ci seguiamo a vicenda da anni, partecipiamo delle vicende che vengono raccontate e, insomma posso dire che con alcuni c’è dell’affetto sincero.

Da qualche mese è cambiato il proprietario di Twitter e ne ha combinata una peggio dell’altra. Non ho nemmeno voglia di fare un riassunto perché per ogni decisione ci sarebbe da scrivere una lamentela lunga pagine, però le ultime due iniziative sono quelle che mi stanno dando l’occasione di scrivere.

Ora si chiama X.
Tra non molto non si potranno più bloccare gli utenti.

Se fino ad adesso ho continuato ad usarlo è perché è per me una importantissima finestra per le relazioni sociali, per scoprire, vedere, sapere cosa succede alla gente nella vita normale di ogni giorno. E’, se vogliamo, il mio oblò sulla vita quotidiana di chi vive con me in questo puntino di acqua disperso nel cosmo.

E’ per me vitale. O almeno lo è stato fino ad ora.
Ora sarò costretta ad abbandonarlo perché il solo pensiero di non potermi più difendere impedendo a gente meschina, violenta, sgarbata, razzista, misogina con un blocco, mi impedirà di sentirmi libera di dire qualsiasi cosa. Qualsiasi cosa!
Già, in questi 11 anni, avevo scoperto che era meglio stare lontano da certi tipi di polemiche o di discorsi, quindi i miei twit erano sempre generici, generali, risposte o, cosa più importante, sfoghi, ora non mi sentirò più libera nemmeno di dire queste quattro sciocchezze.

Dover lasciare questo posto, questo oblò, è per me una disgrazia, una cosa talmente terribile che il solo pensiero mi fa piangere in modo talmente disperato che sicuramente sembrerà inappropriato a chiunque, ma non a me, perché per me sarà una specie di tragedia, di disastro!

Si potrebbe dire che esistono altri social e che ci sono alternative dove sono migrati in molti che hanno lasciato Twitter [per me non sarà mai X] ma il solo pensiero di ricominciare da zero a crearmi una nuova bolla, in un posto di cui non so nulla, mi fa desistere. All’inizio della mia presenza su Twitter avevo 10 anni di meno, adesso sono 43 e, anche se il tempo non mi manca di sicuro, non sono sicura di avere l’energia necessaria per ricominciare a smantellare le mura per creare un nuovo oblò da un’altra parte perché è faticoso, perché è frustrante, perché ci vuole un sacco di tempo per limare il gruppo che ci si crea.

L’alternativa di non avere più un oblò è ancora più terrorizzante, direi quasi paralizzante. Ne ho bisogno. Ne ho bisogno perché poter “parlare”, dire cose a “nessuno” è stato ed è tuttora, l’unico sfiato possibile quando le situazioni della vita diventano troppo o, forse più semplicemente, un buon modo per esprimere qualche pensiero e fare qualche battuta anche se poi nessuno la legge e ben pochi commentano.
(Quindi, insomma, tutto sommato sono abbastanza isolata e sola anche lì, quindi razionalmente non dovrebbe essere questa grande tragedia andarsene, no?)

Mi sento persa. Mi sento come se mi avessero preso e messo in una cella in isolamento. Ma senza finestre!