Quasi quasi mi viene voglia di rimettere come foto profilo ovunque il disegno del cuore che fa le bolle che ho usato per mesi dopo l’intervento, come foto profilo quasi ovunque, perché oggi il mio cuore è tornato a quella sensazione totalizzante di felicità che mi faceva dire “sprizzo cuoricini da tutti i pori”.
Non so se l’ho scritto anche qui (poi andrò a controllare e casomai metterò il link alla pagina) quindi faccio un breve riassunto di quello che è successo nel 2017.
Finita la tesi di laurea magistrale/specialistica (ancora non ho ben capito quale ho preso!) il mio relatore mi aveva proposto di scrivere un articolo scientifico in inglese sul lavoro fatto per presentare i dati e i risultati alla comunità scientifica e, emozionata per la richiesta, ben consapevole che fosse una cosa difficilotta perché scrivere in inglese mica è semplice, e nonostante non fossi proprio convintissima che i miei risultati avessero davvero un valore così importante, ho accettato.
In un tempo che non riesco a stimare ma che probabilmente è di circa 4 mesi e con la supervisione della dottoranda che mi aveva seguito durante la tesi, ho scritto questo articolo, con tutte le sue parti standard, in inglese.
L’articolo è pronto per essere inviato solo che siamo sotto Pasqua (di allora) e lei è grandemente incinta, e ci lasciamo con gli auguri di Pasqua e la promessa di “dopo Pasqua finisco i lavori e l’articolo che che sto facendo sul mio lavoro e poi, il giorno che decido di spedire il tuo ti chiamo così vedi anche un po’ come funziona il programma, che tipi di materiali si mandano perché sono cose particolari e anche curiose, visto che hai letto tanti articoli scientifici in questi anni”
Passa Pasqua.
Passano mesi.
Ogni due o tre mesi mando un messaggio mail non tanto per chiedere informazioni ma così, generico, tanto per fargli tornare in mente che ci sono io qui che aspetto, ma non si sente nessuno.
Arriva l’estate e vado in vacanza e, come altre volte mi è successo, mi arriva, potente come un fulmine, il pensiero che aggiusta tutto: “ma a me, in fin dei conti, a cosa serve un articolo pubblicato? Non lavorerò mai! E soprattutto non son poi così convinta che quelle quattro cose che ho scritto siano davvero di interesse per la comunità scientifica!”. E con questo, letteralmente, mi metto l’anima in pace e non mando quasi più nessuna mail di “campanellino” per farli ricordare di me.
Passa anche l’anno successivo senza notizie, al che decido di chiudere anche la mail dell’università perché mi sembrava assurdo tenerla attiva visto che non la potevo usare per scopi provati.
Oggi (18/04/2023) mi arriva un messaggio su WhatsApp della ormai “ex” dottoranda, ora ricercatrice e mamma due volte, che mi chiede una mail perché ha ripreso in mano il mio manoscritto ed è pronta per sottometterlo ad una rivista scientifica.
Mi sono letteralmente pietrificata sul posto!
Non ci credevo e ancora adesso faccio fatica a credere che sia vero! Leggo le mail e forse ho bisogno di un pizzicotto perché forse sto sognando e non mi sono svegliata dal sonno della notte!
Volendo essere precisi, in effetti, tecnicamente siamo “dopo Pasqua”, quindi è tutto corretto!
A questo punto, dovrò ricordarmi di chiedere sempre anche l’anno a chi mi dirà frasi del genere dandomi appuntamenti non specificando ora e giorno!
L’iter per la pubblicazione è particolare e non proprio semplice e lineare, però ohi, almeno stavolta siamo sul serio con i piedi sulla linea di partenza! Speriamo di arrivare anche al traguardo!
/*/*/*
Qui il post scritto quando ho definitivamente capito che la pubblicazione non sarebbe andata in porto: dimenticare
qui invece la decisione di lasciar perdere, nell’articolo decisione difficile ma i tempi erano maturi