Pensieri e Riflessioni

Si avvicina Pasqua

Ormai non so più da quanti giorni vivo col pensiero fisso, cioè lo so, e sono 33 giorni oggi, ma sembra un’eternità.

Sembra un’eternità non tanto perché sembra passato tanto tempo, ma perché questo tempo che è passato è talmente uguale a se stesso che non vi è distinzione tra quello che è accaduto ieri da quello che è accaduto 3 settimane fa.

Per fortuna ho questa stupida abitudine di scrivere molte cose nella mia agenda-diario da scrivania, quindi posso vedere che le giornate sono state in qualche modo diverse, ma restano comunque terribilmente monotòne.

Io sono al sicuro, mi sento protetta, anche se, quando il papà va a fare le spese, sono tesa e angosciata. E la cosa mi fa soffrire perché, proprio perché è il più esposto, ha deciso di auto isolarsi anche in casa, quindi non ci vediamo praticamente mai. O almeno, non come prima.
Per fortuna siamo riusciti a fare la spesa con consegna in negozio, per quasi un mese, ma la prima spesa ci verrà consegnata solo tra una settimana e nel frattempo ha dovuto provvedere lui.

Io e i miei stiamo cercando di proteggerci, di seguire le regole e fare la nostra parte e questo mi tranquillizza molto, però non posso non riflettere sulla scarsissima collaborazione e comprensione della situazione che hanno dimostrato i miei concittadini, e sono seriamente preoccupata per la imminente Pasqua, visto che comunque, già adesso, ci sono adolescenti allo sbaraglio che si trovano in giro per le città e gente che non ha la minima idea di cosa significhi “strettamente necessario” e va a far le spese ogni giorno o chi per un pacco di farina vorrebbe farsi un chilometro a piedi.

Per come sono andate le cose finora non mancheranno di sicuro gli italiani che andranno a fare festa assieme, specie a Pasquetta, ma anche a Pasqua, ma anche dopo il 2 aprile, visto che per molti è segnato in rosso sul calendario come “fine quarantena”!
…e questo mi terrorizza!

Mi terrorizza perché la situazione dei contagi, che già ora non da cenni di miglioramento, peggiorerà in modo catastrofico.
Mi terrorizza perché mi costringerà a stare chiusa in casa per almeno un altro mese [che ottimista che sei!] e sebbene riesca ad impegnare le mani e il tempo, non riesco a tenere a bada l’ansia, l’angoscia, la paura di finire contagiata o che si contagi qualcuno a cui voglio bene. Perché, si è ben visto, la distrazione è questione di un batter di ciglia (o non dipendere minimamente da te) e più tempo devi stare attento a qualcosa, più è probabile che ti distrai anche solo per un minuto, e poi ti ritrovi con un test positivo e a quel punto sono 14 giorni di angoscia terrificante e ingestibile! [anche qui ottimista, perché se sei talmente grave da aver bisogno della terapia intensiva, ti spettano 20 giorni di terrore, vero!]

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Sindrome da dieta

Tutto e subito 

Ogni necessità, ogni desiderio, ogni richiesta va esaudita subito.

È un po’ questo quello a cui ci siamo abituati in questa società tecnologica di smart-tutto.

Eppure non mancano, nemmeno nella vita quotidiana di ciascuno, le situazioni in cui è necessario aspettare, o quantomeno rinviare la soddisfazione della necessità appena sorta. 

Sembra quasi che sia diventato difficile accettare anche solo l’idea, che una futura necessità, non possa essere esaudita subito.

Penso a quelli che si dichiarano disperati perché non possono abbracciare chi amano, quelli che addirittura soffrono per non poter andare al cinema, quelli incattiviti perché i musei fanno entrare col contagocce. Ma anche a quelli che “per smorzare la tensione” decidono di indire feste nella pubblica piazza. O gli studenti che fanno le valigie perché le università sono chiuse, e tornano dalla famiglia.

Mi sembra quasi che la limitazione momentanea della libertà quotidiana venga vissuta come le restrizioni di quando si è a dieta, che paradossalmente fanno nascere “voglie” di cose che normalmente non si mangiano così spesso (o non si mangiano proprio!).
Solo che, quando si parla di dieta, si tratta di rinunciare a qualche grammo di pane, pasta, dolci, per uno scopo personale, qui, con la Covid-19 in circolazione, si tratta di modificare la propria quotidianità per una decina di giorni con l’unico scopo di impedire la morte di molte persone e di far collassare il sistema sanitario nazionale a causa dell’arrivo di centinaia di ammalati. Si tratta di altruismo. Si tratta di responsabilità civica.

Non posso credere, non posso pensare, che la disponibilità a collaborare ci sia solo in chi, per i motivi più disparati, è entrato nella bolla di conoscenze di persone a rischio. 

Non voglio credere che in Italia siano tutti affetti dalla sindrome di San Tommaso che “non credo se non ci metto il naso”. 

Non posso pensare che siano tutti così spavaldi da pensare di essere immuni, da disprezzare così tanto la vita da rischiare consapevolmente di perderla.

Ma soprattutto perché noi persone già fragili, dobbiamo vedere impennarsi la possibilità di lasciare questo mondo e i nostri affetti perché c’è gente irresponsabile che trova inaccettabile rispettare qualche regola per qualche giorno?

Ah già, dimenticavo, avete ragione, mors tua vita mea e a me che me frega! Scusate, che sciocca che sono stata!