Eventi

Venerdì17? Gli fa un baffo!

Una giornata così piena di sfighe, come è stata quella di giovedì 24, credo sia difficile da replicare!

Tutto inizia già dalla notte, alle 3 ancora non avevo chiuso occhio perché c’era un caldo allucinante, avevo la pancia sudata con le gocce che cadevano, nonostante l’aria condizionata. Probabilmente o qualcosa è andato storto pigiando pulsanti a caso del telecomando (papà), oppure la temperatura impostata per la notte era davvero eccessiva per dormire, lo dimostra il fatto che abbiamo dormito male tutti.

Dopo una notte così la mamma mi viene anche a svegliare alle 7,30 con la scusa che “così abbiamo tutto il tempo di fare le cose con calma” riferendosi all’appuntamento delle 10.30 al negozio di protesi per il calco dell’orecchio.

Arriviamo al negozio, l’audioprotesista mi controlla le orecchie ma dice che non può fare nulla perché c’è ancora del cerume e non vede la membrana timpanica.
Bisogna tornare in ospedale perché lui non lo può fare e lo deve fare un medico.

Siamo già fuori, non siamo lontani dall’ospedale, ci andiamo, così vado direttamente anche io, vedi mai che facciano subito, visto che ho fatto la visita 15 giorni fa per lo stesso problema…

Arriviamo e chiediamo ad una dottoressa che ci dice che l’unica soluzione per fare le cose più velocemente è farsi fare l’impegnativa dal medico con la priorità più breve, che prevede l’appuntamento dopo 10 giorni.

Siamo sullo stesso piano e stesso corridoio del reparto dove per anni sono andata a fare le flebo, quindi la mamma decide di passare a salutare.
E’ rimasta una sola delle infermiere, le altre o sono in pensione da un po’ o sono in altri reparti.

Torniamo in garage, salgo in macchina e mentre papà mi aggancia e mette le cinture sento un colpo ma non ci bado, non vedendo dietro poteva essere lui.
Esce, fa per tirare su la pedana e vede che la bandina laterale di protezione è completamente deformata. Qualcuno ci è evidentemente passato sopra!
C’è una sola macchina in movimento in quel momento e non sta andando verso l’uscita. La seguiamo e lo troviamo alla fine del parcheggio, nascosto dietro al muro, parcheggiato come chi è lì per qualche istante. Insomma stava scappando!
Papà esce, batte sul finestrino e iniziano a parlare. Non sento granché ma per fortuna gli animi non si scaldano troppo.
Lui sostiene di non aver visto! Mah, difficile crederlo visto che è un furgoncino, aveva il bagagliaio aperto e la pedana supera il bagagliaio di circa 40cm, quindi a terra c’era qualcosa e anche nel resto del tuo campo visivo. Dì piuttosto che ti stavi muovendo, magari anche piano, ok, ma che non stavi guardando la strada, perché hai preso un lato solo della pedana ed era il secondo, in senso di marcia.
E poi stavi pure cercando di nasconderti!
Vedo che compaiono carte, sento la parola Carabinieri, fanno foto… Alla fine credo abbiano fatto le carte per sbrogliarla con l’assicurazione da soli, non so come si chiama, qui la chiamano “constatazione amichevole” ma ha sicuramente un nome diverso!

Per fortuna la pedana rimane utilizzabile. Sarebbe stato per me veramente un brutto colpo non avere più la possibilità di uscire in nessun modo, stavolta, perché su questa macchina non posso di sicuro salire come salivo nel Berlingo, facendomi prendere di peso!

Per fortuna il pomeriggio e la serata sono trascorsi senza ulteriori colpi di scena ma sono rimasta con le antenne alzate per tutto il resto della giornata!

Mentre aspettavo in macchina ho scritto al medico per l’impegnativa e al pomeriggio già l’avevo. Il giorno dopo la mamma è andata al CUP e alle 15 già avevo l’appuntamento per togliere sto tappo di cerume!

Qualcosa mi dice che la protesi per quell’orecchio sarà molto complicata da fare e da gestire!

Twitter

La fine di una cosa “salvavita”

Mi ero iscritta a Twitter 11 anni fa, esattamente il 20 marzo 2012, attirata dalle battute che leggevano, provenienti da questo social, nel programma “Quelli che il calcio”.

Per più di un anno è stato, per come lo usavo al tempo, qualcosa di molto simile alle riviste di gossip, qualcosa che guardavo, trovavo divertente ma nulla di che.

Poi, pian piano, capendo meglio le dinamiche, provando a seguire persone un po’ a caso e cancellando quelle che non mi divertivano, negli anni successivi ho creato quella che lì chiamiamo “bolla” nella quale mi trovavo bene. Nella quale tutt’ora mi trovo bene.

Mi sono affezionata a decine di followi, con alcuni c’è una maggiore vicinanza mentre con altri la conoscenza è più superficiale (e quasi non si può definire tale), ci seguiamo a vicenda da anni, partecipiamo delle vicende che vengono raccontate e, insomma posso dire che con alcuni c’è dell’affetto sincero.

Da qualche mese è cambiato il proprietario di Twitter e ne ha combinata una peggio dell’altra. Non ho nemmeno voglia di fare un riassunto perché per ogni decisione ci sarebbe da scrivere una lamentela lunga pagine, però le ultime due iniziative sono quelle che mi stanno dando l’occasione di scrivere.

Ora si chiama X.
Tra non molto non si potranno più bloccare gli utenti.

Se fino ad adesso ho continuato ad usarlo è perché è per me una importantissima finestra per le relazioni sociali, per scoprire, vedere, sapere cosa succede alla gente nella vita normale di ogni giorno. E’, se vogliamo, il mio oblò sulla vita quotidiana di chi vive con me in questo puntino di acqua disperso nel cosmo.

E’ per me vitale. O almeno lo è stato fino ad ora.
Ora sarò costretta ad abbandonarlo perché il solo pensiero di non potermi più difendere impedendo a gente meschina, violenta, sgarbata, razzista, misogina con un blocco, mi impedirà di sentirmi libera di dire qualsiasi cosa. Qualsiasi cosa!
Già, in questi 11 anni, avevo scoperto che era meglio stare lontano da certi tipi di polemiche o di discorsi, quindi i miei twit erano sempre generici, generali, risposte o, cosa più importante, sfoghi, ora non mi sentirò più libera nemmeno di dire queste quattro sciocchezze.

Dover lasciare questo posto, questo oblò, è per me una disgrazia, una cosa talmente terribile che il solo pensiero mi fa piangere in modo talmente disperato che sicuramente sembrerà inappropriato a chiunque, ma non a me, perché per me sarà una specie di tragedia, di disastro!

Si potrebbe dire che esistono altri social e che ci sono alternative dove sono migrati in molti che hanno lasciato Twitter [per me non sarà mai X] ma il solo pensiero di ricominciare da zero a crearmi una nuova bolla, in un posto di cui non so nulla, mi fa desistere. All’inizio della mia presenza su Twitter avevo 10 anni di meno, adesso sono 43 e, anche se il tempo non mi manca di sicuro, non sono sicura di avere l’energia necessaria per ricominciare a smantellare le mura per creare un nuovo oblò da un’altra parte perché è faticoso, perché è frustrante, perché ci vuole un sacco di tempo per limare il gruppo che ci si crea.

L’alternativa di non avere più un oblò è ancora più terrorizzante, direi quasi paralizzante. Ne ho bisogno. Ne ho bisogno perché poter “parlare”, dire cose a “nessuno” è stato ed è tuttora, l’unico sfiato possibile quando le situazioni della vita diventano troppo o, forse più semplicemente, un buon modo per esprimere qualche pensiero e fare qualche battuta anche se poi nessuno la legge e ben pochi commentano.
(Quindi, insomma, tutto sommato sono abbastanza isolata e sola anche lì, quindi razionalmente non dovrebbe essere questa grande tragedia andarsene, no?)

Mi sento persa. Mi sento come se mi avessero preso e messo in una cella in isolamento. Ma senza finestre!

Pensieri e Riflessioni

Un pensiero, all’improvviso

Non stavo facendo nulla di particolare e all’improvviso mi sono venuti in mente quelli che lasciano le recensioni negative sui ristoranti, e ho fatto questo pensiero, che probabilmente si collega anche ad una cosa su cui avevo riflettuto al mare: mi da idea, sembra quasi che stia diventando sempre più frequente che la gente percepisca la realtà, la vita, le cose che succedono e quelle di cui fanno esperienza, non come qualcosa di collegato alla vita, qualcosa appunto di cui godere, qualcosa da percepire, ma come se fossero degli spettatori e che quello che gli si presenta davanti sia messo lì per loro e che debba poi essere valutato, qualcosa quindi che esiste solo perché gli diano un punteggio positivo o negativo.
Quindi non più come qualcosa di estraneo di casuale, di vitale, inteso come cosa che fa parte delle vicende della vita!

Questo pensiero un po’ mi turba.