Cose di me · libri · Pensieri e Riflessioni

Un libro davvero interessante

Da qualche settimana sto leggendo un saggio che con ogni probabilità si potrebbe posizionare nel podio dei libri più belli, assieme ovviamente a quelli della Basso, autrice del personaggio che amo alla follia!

All’inizio ne ero rimasta delusa perché parlava specificatamente della popolazione giovane degli USA e per questo pensavo sarebbe stata una lettura inutile giacché, si sa, ogni realtà, ogni popolo, ha le sue caratteristiche e perfino gli italiani sono differenti dagli inglesi, figuriamoci cosa possono avere a che fare con gli statunitensi!

Invece mi sto ricredendo alla grande, per non dire “alla grandissima”.

Ovviamente molte cose sono tipiche della realtà americana e non possono essere calate nella realtà dell’Italia, ma devo dire che mi sta facendo aprire gli occhi su alcune dinamiche che già ho avuto modo di notare rispondendo ai ragazzi del Gomitolo.

Non sarebbe la prima volta nella storia che ciò che accade negli USA, a distanza di qualche anno arriva a “contagiare” anche il vecchio continente, quindi potrebbe benissimo essere che ciò che sto leggendo (e che si riferisce mediamente al 2007) stia in realtà accadendo qui in Italia in questi anni e che quindi io sia in una sorta di macchina del tempo che mi fa sapere le cose prima.

Non è certo una descrizione di cui andare orgogliosi, quella che esce dalle pagine del testo, ma a chi, come me, fa parte della generazione esattamente precedente, permette di guardare con occhi diversi e forse meno critici di prima, alcune “maleducazioni” tipiche dei giovani. Ma anche di guardare a certi atteggiamenti con un misto di tenerezza e struggimento perché appaiono fagocitati dalle circostanze e incapaci di agire e reagire a quelli che di solito vengono chiamati “eventi della vita”.
Molte delle cose che l’autrice descrive sono riuscita a vederle anche nella mia esperienza (limitatissima) e rendermi conto che non si tratta di problemi del singolo adolescente, ma che sono cose che accomunano tutta la sua generazione, mi fa vedere le cose sotto una luce diversa, un po’ meno critica di sicuro.

Praticamente ad ogni pagina e per ogni riflessione che l’autrice fa, la mia mente va in fibrillazione e mi faccio una serie di domande e considerazioni che mi piacerebbe davvero poter sottoporre ad un suo “equivalente” italiano. In certi punti, sopratutto nelle ultime pagine, mi sto eccitando in modo davvero incredibile!

Questo libro però ha un secondo pregio molto importante e interessante per me, ovvero che mi sta facendo (ri)scoprire quanto mi piaccia la sociologia, l’analisi del comportamento delle comunità di esseri umani.
Ho avuto il primo contatto con questa branca del sapere con un insegnamento all’università ed è stato amore al primo assaggio! Un amore tale che non ho potuto fare a meno di chiedermi “se avessi scoperto questa scienza durante gli anni del liceo, avrei fatto scelte diverse?”

Filosofia di vita · Pensieri e Riflessioni

Una patatina non può decidere di non cuocersi se immersa nell’olio bollente

Lo so benissimo che non ci si deve basare sui telegiornali, sui social ecc… perché quando prendono un filone di cronaca nera poi non lo mollano tirando fuori tutti i casi possibili che accadono in Italia (e non solo), ma a me suscita una certa inquietudine continuare a sentire di episodi di violenza fisica e verbale di ogni possible tipo, su questioni che non hanno alcuna motivazione reale.

Non mi chiedo il perché, il perché lo conosco, ed è sotto gli occhi di chiunque abbia un briciolo di senso critico e sopratutto un po’ di raziocinio, quel tanto che basta a salire il gradino di “bestia”; mi chiedo se sia possibile mettere una toppa a questa… non so nemmeno come chiamarla… epidemia? imbruttimento? Regressione allo stato animale?Mi da quasi l’impressione che sia una specie di virus, un agente patogeno che contagia chi non ha le difese (socioculturali, di carattere, di istruzione,…) sufficientemente allenate e si ritrova ad agire dando ascolto solo all’istinto brutale della bestia, in modo esplosivo, violento (sia fisico sia verbale), irrazionale, maleducato.

L’origine la conosco, quindi mi chiedo se si possa trovare una cura per tutto questo, se si possa arginare questa cultura dello sfogo, della rabbia, del poli-razzismo, e purtroppo tutte le risposte che riesco a darmi sono negative: la bestia è troppo grande e troppo potente per le armi in possesso a chi la potrebbe combattere, se cerca di farlo di sua volontà. Non viene nemmeno la voglia di combattere, si accettano gli eventi.

Ma le risposte che mi do non sono negative per se stesse, sono negative perché mi rendo conto che manca completamente la volontà di porre rimedio, manca l’interesse per migliorare la situazione perché bisognerebbe agire su diversi fronti, in modo coerente e sincronizzato. Ma perché non si fa nulla? Perché è difficile? Perché non sanno da dove cominciare? Perché fa comodo? Perché sono disfattisti?

Come se ne esce?
Io davvero non ne ho la minima idea e tutte le ipotesi mi sembrano utopiche.
Però è pur sempre vero che ci vorrebbero molti mesi, se non addirittura anni, per poter anche solo intravvedere l’effetto di una qualsiasi azione in tal senso, quindi magari, forse, è davvero iniziato un cambiamento, solo che ancora non se ne vedono gli effetti.

Iniziare solo dalla scuola non credo sarebbe sufficiente.
Non si può insegnare ad amare o a provare empatia verso il prossimo ad uno studente, se tale studente per il resto delle 24h della giornata, si ritrova immerso in un ambiente di odio, menefreghismo, disprezzo, maleducazione, (e chi più ne ha più ne metta).

… una patatina non può decidere di non cuocersi se immersa nell’olio bollente, giusto?

In Danimarca però l’empatia è diventata materia scolastica. Bella notizia o brutta notizia?
Io non conosco nulla del Paese perché nulla arriva nei nostri media, ma per me è una notizia bella e brutta assieme, perché se da un lato evidentemente avevano sentito la mancanza e l’importanza di questo pezzo della natura umana, dall’altro può vuol dire che al giorno d’oggi, far da soli su certi argomenti non è sufficiente e c’è bisogno di essere guidati.

Io non sono esperta, anzi non ne so davvero un tubo, delle dinamiche sociologiche, però mi piacerebbe un sacco incrociare qualcuno con cui parlare di questo, per poter capire se davvero si può cercare di migliorare questo mondo o se siamo destinati a eliminare ogni interazione (virtuale e reale) per non dover soffrire per una qualche forma di violenza.

Perché, siate sinceri, è doloroso crescere figli educati, rispettosi di tutte le diversità, con la mente aperta ai cambiamenti e poi doverli immergere in un mondo dove il colore di una camicia è motivo di pestaggio, dove “per scherzo” si torturano altri esseri umani, dove il colore della pelle stabilisce quanto possa essere competente nel tuo lavoro, dove la tua nazionalità è una bandiera da sventolare o bruciare a seconda delle circostanze…

Io sono molto preoccupata e ogni giorno che passa ho sempre più paura che mi sfugga qualcosa e che venga utilizzato per farmi del male. Ho paura davvero!

La scrittrice del mistero, A. Basso , capitolo 11. Esprime in modo molto chiaro uno dei pensieri sull’irrazionalità delle azioni che avevo tentato inutilmente di scrivere qui e che poi ho cancellato perché era solo una elucubrazione senza basi.

articolo · Pensieri e Riflessioni

Decisione difficile ma i tempi erano maturi

Non più tardi di un mese fa era mia ferma intenzione aspettare ferragosto per poi scrivere una mail alla gentaglia (appellativo che si sono guadagnati) dell’università per chiedere delucidazioni riguardo all’articolo. Già stavo pensando al tono da usare, se far finta di credere che fosse già stato spedito o se invece chiedere semplicemente notizie.

Avrei anche usato il blog per esporvi i fatti e chiedere aiuto e consiglio su come fosse meglio comportarmi.

Invece sono stata in vacanza e alla fine sono arrivata ad una decisione che per il momento ritengo essere la migliore.

Mi costa, perché metto un bel guinzaglio alla mia indole vendicativa che mi ribolliva nelle vene, ma è l’unica soluzione che mi permetterà, col tempo, di far sbollire tutto ciò che, di questo articolo, mi ingarbuglia la pancia.

Ho deciso che lascio perdere!

Non ho detto che non mi interessa più, ho detto che lascio perdere.
Anche se fa male.
Anche se mi costa.

In fin dei conti è stato il prof a chiedermelo e se a lui non interessa sapere come procede il lavoro, o se ne è dimenticato (cosa certa visti i precedenti e visto il tempo trascorso), significa che non ci teneva così tanto a pubblicare il lavoro o magari si è reso conto che ciò che ho fatto era effettivamente campato in aria come ho sempre cercato di dire io.
S probabilmente ha le sue cose da fare e non la biasimo. Da ciò che mi ha raccontato ad aprile, il tempo ulteriore da dedicare all’articolo sarebbe stato veramente molto, e doverlo fare per una cosa che non è nemmeno tua, beh, anche io forse avrei tirato il culo indietro.

Fatto sta che un briciolo di serietà me lo sarei aspettato specie se ad un certo punto si sono resi conto che era inconsistente. Cerchi una mia mail, mi contatti e me lo dici o per iscritto o a voce.
Per come sono andate le cose da aprile ad oggi e specialmente nell’ultimo anno, se ne sono di certo scordati e io non ho nessuna intenzione di dar loro questa bella notizia, ne tantomeno di rincorrere la gente. Non più. Non di nuovo per questo articolo.
La mia vita è già complicata da gestire così com’è, psicologicamente parlando.
Faccio come i giapponesi, aspetto il nemico sulla sponda del fume: vedremo se, quando (e sopratutto come) avranno il coraggio di farsi vivi… se tra qualche mese gli tornerò in mente!

Ai miei occhi si sono dimostrate persone inaffidabili anche se durante la tesi mi hanno seguito bene e sono soddisfatta e orgogliosa di quanto fatto.
Se verrò contattata nuovamente deciderò se rispondere.
Mi prenderò i miei tempi per decidere… e se mi passerà di mente?? eeeeh pazienza!