Filosofia di vita · Pensieri e Riflessioni

Fine vita, secondo me. Pensieri liberi

Siamo alle solite. Ciclicamente ritorna e ciclicamente non si fanno passi sufficienti. Spero sempre sia la volta buona ma non lo sarà nemmeno stavolta. Il fine vita in Italia continuerà ad avere una storia travagliata e difficile esattamente come le persone alle quali dovrebbe dare sollievo.

Io credo che il problema, ancora una volta sia del genere che ricade in “siccome io credo che a xy questa cosa dia fastidio, allora me ne lamento e protesto, così faccio bella figura con Tizio”

(un po’ come disse un mio professore “ci preoccupiamo sempre troppo di quello che noi pensiamo che gli altri pensino di noi e troppo poco di quello che realmente pensano”)

Per quel che mi riguarda è un argomento che sento moltissimo e nel mio piccolo sto cercando di fare in modo che, semmai dovesse capitare a me, chi mi ama sappia cosa voglio, ma l’aura di tabù che aleggia sempre su questi argomenti è molto difficile da sciogliere.

Come giustamente ha detto una persona che stimo, in ballo non c’è il diritto a morire puro e semplice, ma il diritto a morire bene, dignitosamente.

Più volte ho detto che l’uomo con la tecnologia ha preso un po’ il posto di Dio. È arrivato ad avere la possibilità di mantenere la vita e le sue funzionalità, ma questo non sempre aiuta la Vita. La vita non è fatta solo di un cuore che batte e di polmoni che respirano. Non è infatti come cercano di dire certi integralisti, che si aprirà la via all’omicidio, perché non si tratta di uccidere nessuno, si tratta di fare un passo indietro dalla condizione di Dio che l’Uomo ha raggiunto. Non è un fallimento per l’homo tecnologicus, è banalmente la dimostrazione che è in grado di utilizzare in modo etico, umano, saggio, i potentissimi strumenti che è stato in grado di inventare.

Per molti arriva un momento in cui, nonostante ci sia un cuore che batte e i polmoni che vengono riempiti, la vita non c’è più. Non c’è contatto e interazione con il mondo. C’è solo un corpo le cui funzioni sono assicurate ad un filo di rame, la mente non più presente nella realtà…

Cosa distingue questi malati dalle persone che magari non vedono, non sentono, non parlano, non ci stanno con la testa… Normalmente?

Che i malati sono arrivati a quella condizione dopo un percorso di malattia (spesso genetica, sicuramente progressiva), durante la quale la quotidianità è stata frantumata pezzo per pezzo. A volte invece cambia nel giro di pochi istanti come per dj Fabo e Eluana, a volte in anni come per Welby. Per queste persone non c’è speranza di un rewind. Nulla potrà tornare a come era anche solo una settimana prima. Nulla!

Loro, i malati, a differenza di altri, possono vedere il loro futuro, lo conoscono e sanno che è un futuro vuoto, ma carico di dolore, e non riescono ad accettare quel dolore che si trovano costretti a porre sulle spalle delle persone che amano e trovano inaccettabile una esistenza di vuoto per sé e di dolore per chi amano.

La tecnologia ha fatto e fa moltissimo, la tecnologia salva molte vite. Quante centinaia di migliaia di persone subiscono una tracheostomia in situazioni di emergenza, a loro salva la vita, a molti altri la prolunga per anni perché la malattia ha loro tolto la facoltà di farlo da soli ma se, pezzo dopo pezzo ti si spegne ogni funzione che l’uomo riesce a imitare, è davvero accettabile costringere a vivere chi subisce queste privazioni e sostituzioni?

Filosofia di vita · Pensieri e Riflessioni

Una patatina non può decidere di non cuocersi se immersa nell’olio bollente

Lo so benissimo che non ci si deve basare sui telegiornali, sui social ecc… perché quando prendono un filone di cronaca nera poi non lo mollano tirando fuori tutti i casi possibili che accadono in Italia (e non solo), ma a me suscita una certa inquietudine continuare a sentire di episodi di violenza fisica e verbale di ogni possible tipo, su questioni che non hanno alcuna motivazione reale.

Non mi chiedo il perché, il perché lo conosco, ed è sotto gli occhi di chiunque abbia un briciolo di senso critico e sopratutto un po’ di raziocinio, quel tanto che basta a salire il gradino di “bestia”; mi chiedo se sia possibile mettere una toppa a questa… non so nemmeno come chiamarla… epidemia? imbruttimento? Regressione allo stato animale?Mi da quasi l’impressione che sia una specie di virus, un agente patogeno che contagia chi non ha le difese (socioculturali, di carattere, di istruzione,…) sufficientemente allenate e si ritrova ad agire dando ascolto solo all’istinto brutale della bestia, in modo esplosivo, violento (sia fisico sia verbale), irrazionale, maleducato.

L’origine la conosco, quindi mi chiedo se si possa trovare una cura per tutto questo, se si possa arginare questa cultura dello sfogo, della rabbia, del poli-razzismo, e purtroppo tutte le risposte che riesco a darmi sono negative: la bestia è troppo grande e troppo potente per le armi in possesso a chi la potrebbe combattere, se cerca di farlo di sua volontà. Non viene nemmeno la voglia di combattere, si accettano gli eventi.

Ma le risposte che mi do non sono negative per se stesse, sono negative perché mi rendo conto che manca completamente la volontà di porre rimedio, manca l’interesse per migliorare la situazione perché bisognerebbe agire su diversi fronti, in modo coerente e sincronizzato. Ma perché non si fa nulla? Perché è difficile? Perché non sanno da dove cominciare? Perché fa comodo? Perché sono disfattisti?

Come se ne esce?
Io davvero non ne ho la minima idea e tutte le ipotesi mi sembrano utopiche.
Però è pur sempre vero che ci vorrebbero molti mesi, se non addirittura anni, per poter anche solo intravvedere l’effetto di una qualsiasi azione in tal senso, quindi magari, forse, è davvero iniziato un cambiamento, solo che ancora non se ne vedono gli effetti.

Iniziare solo dalla scuola non credo sarebbe sufficiente.
Non si può insegnare ad amare o a provare empatia verso il prossimo ad uno studente, se tale studente per il resto delle 24h della giornata, si ritrova immerso in un ambiente di odio, menefreghismo, disprezzo, maleducazione, (e chi più ne ha più ne metta).

… una patatina non può decidere di non cuocersi se immersa nell’olio bollente, giusto?

In Danimarca però l’empatia è diventata materia scolastica. Bella notizia o brutta notizia?
Io non conosco nulla del Paese perché nulla arriva nei nostri media, ma per me è una notizia bella e brutta assieme, perché se da un lato evidentemente avevano sentito la mancanza e l’importanza di questo pezzo della natura umana, dall’altro può vuol dire che al giorno d’oggi, far da soli su certi argomenti non è sufficiente e c’è bisogno di essere guidati.

Io non sono esperta, anzi non ne so davvero un tubo, delle dinamiche sociologiche, però mi piacerebbe un sacco incrociare qualcuno con cui parlare di questo, per poter capire se davvero si può cercare di migliorare questo mondo o se siamo destinati a eliminare ogni interazione (virtuale e reale) per non dover soffrire per una qualche forma di violenza.

Perché, siate sinceri, è doloroso crescere figli educati, rispettosi di tutte le diversità, con la mente aperta ai cambiamenti e poi doverli immergere in un mondo dove il colore di una camicia è motivo di pestaggio, dove “per scherzo” si torturano altri esseri umani, dove il colore della pelle stabilisce quanto possa essere competente nel tuo lavoro, dove la tua nazionalità è una bandiera da sventolare o bruciare a seconda delle circostanze…

Io sono molto preoccupata e ogni giorno che passa ho sempre più paura che mi sfugga qualcosa e che venga utilizzato per farmi del male. Ho paura davvero!

La scrittrice del mistero, A. Basso , capitolo 11. Esprime in modo molto chiaro uno dei pensieri sull’irrazionalità delle azioni che avevo tentato inutilmente di scrivere qui e che poi ho cancellato perché era solo una elucubrazione senza basi.