Pensieri e Riflessioni

Negli occhi e nel cuore

Povera Italia, dopo decenni nei quali non si è minimamente preoccupata della propria casa, oggi scopre di avere un pavimento pieno di spazzatura, gli intonaci ammuffiti e pericolanti, solo che, per sistemare ci vorrebbe uno squadrone di 10 persone munite di sacchi neri, ramazza, carta vetrata e pittura… Ma non ha le risorse!

Guardo al ponte di Genova di settimane fa…
Guardo gli eventi di questi giorni e non posso non notare la differenza (abissale) che c’è tra la macchina che si è attivata a Belluno, dove nei giorni precedenti la piena e l’arrivo del maltempo, le Autorità e la Protezione civile avevano iniziato ad istruire e indirizzare i cittadini sulle cosiddette buone pratiche da seguire: chiudere le fabbriche, fare certe strade piuttosto di altre, mettere al sicuro i propri beni (si badi bene, non erano semplici consigli, in molti casi come per le fabbriche erano disposizioni, ordini!), e invece quello che è accaduto in Sicilia dove una casa abusiva edificata sul letto di un corso d’acqua (a carattere torrentizio come tutti quelli del sud Italia) è stata spazzata via assieme ai suoi occupanti che erano lì “in vacanza” (quindi avrebbero tranquillamente potuto non essere lì se solo qualcuno glielo avesse spiegato!)

Io l’ambiente (in senso lato) e le sue dinamiche (in senso più stretto) l’ho studiato e a lungo. Quasi 8 anni non sono proprio pochi e mi rendo tristemente conto che la maggior parte dei cittadini non ha consapevolezza del territorio in cui vive. Vorrei pensare si tratti solamente di semplice ignoranza (da “ignorare”, non conoscere) ma questa giustificazione non mi basta, dentro di me sento che non è solo questo il motivo.

Mi prudono le orecchie quando sento i familiari delle vittime che urlano a gran voce “dovevate avvisarci” o “dovevate chiudere la strada prima” o “noi non sapevamo che era un posto pericoloso” perché sono assolutamente certa che se la strada fosse stata davvero chiusa o se fosse stato proibito di frequentare certi posti, ci sarebbero state manifestazioni di cittadini incazzati che ne chiedevano l’apertura “subito! Che noi non sappiamo che strada fare!” o magari “ah, no noi alla casa del nonno ci andiamo lo stesso, non è mai successo nulla, sono i soliti esagerati allarmi! cosa vuoi che siano quattro gocce d’acqua!”
Perché l’italiano è fatto così! Cambia l’argomento e diventa all’occorrenza geologo, allenatore, economista, giardiniere e perfino politico! Per non parlare della laurea in medicina assegnata ad honorem a mamma e papà assieme al kit di pannolini!

Dove sta il problema? Io non lo so!

Non fraintendetemi! So che è nella natura umana dell’homo tecnologicus, il sentirsi legittimato a parlare anche di argomenti dei quali ha letto (forse si ma probabilmente no) un paio di articoli (ammesso e non concesso fossero articoli degni di essere appellati come “giornalistici” e non fake-fuffa 2.0!), la domanda che mi faccio è molto più profonda e intima: come siamo arrivati a dispregiare la competenza nell’altrui mestiere?
Se un Carabiniere mi fermasse per strada e mi dicesse: “fino a casa cammina addosso al muro” io lo farei, non starei lì a sindacare sul perché e se non sia meglio invece mettersi più indietro e far cambiare lato della strada, semplicemente perché io, nel mio intimo, so che esistono cose che esulano la mia competenza e anche dalla mia conoscenza in quel preciso istante, e se qualcuno con i titoli per farlo, mi dice delle cose, io le faccio, punto.

Se la stessa richiesta mi venisse fatta da un cittadino “comune” forse farei altre domande per capire il motivo e probabilmente darei anche il mio aiuto non richiesto.

FORSE è questo il vero problema, il non riconoscere la autorevolezza dell’interlocutore o di chi, in quel momento, sta dando informazioni e ordini.

Ma non è nemmeno questo il punto, perché se penso al gradino immediatamente precedente all’allerta della popolazione, ovvero alla famigerata Macchina Organizzativa, vedo chiari come il sole un sacco di altri problemi di gestione spicciola del sistema di allerta. Il “chi” deve dire, il “cosa” deve dire e sopratutto “a chi” lo deve dire…

Ricordo una puntata del programma Rai Scala Mercalli nel quale si raccontavano le Protezioni Civili di altri paesi, specie in America, di come fosse costantemente presente la formazione della popolazione rispetto ai vari problemi di sicurezza. Tanto per dire, io non ho mai fatto lezioni con la protezione civile, mai! Però tra medie e superiori ho fatto ben 3 incontri di educazione alla sessualità e 2 di educazione stradale, uno dei quali mentre già qualcuno dei miei compagni di classe si stava preparando all’esame della patente!

A parlare son bravi tutti e non metto in dubbio che il lavoro fatto sia stato molto più importante di quello che alla fin fine è finito raccontato nei tg e sui giornali, ma è certo che questi eventi meteo-climatici saranno sempre più frequenti e potenti e dato che le cose non cambieranno perché l’Italia (ahinoi) vive in una emergenza perenne e costante su tutti i fronti, dovremo farcene una ragione, o si accettano i morti o si accettano i disagi della messa in sicurezza delle cose.
Non esiste una strada grigia intermedia.
E in un paese dove tutto deve restare immutato perché se solo si propone un cambiamento arrivano orde di cittadini a manifestare, allora credo che i problemi non saranno risolvibili e ad ogni novembre torneremo a contare decine di morti, che agli occhi di chi l’ambiente lo sa leggere, per la metà evitabili.